Buon anniversario




Sono qui, su questo divano, il nostro divano, a guardare le nostre foto.

Io e Erika al parco, io e Erika al mare, la nostra gita al lago, le nostre gite della domenica.
Sono qui, in quella che era casa nostra, in questa casa che avevi arredato con cura, con la tua fissa per i dettagli, questa casa in cui avevamo fatto tutti i nostri progetti.

Oggi avremmo festeggiato 9 anni di matrimonio. Invece sono qui da solo. Sono sette mesi che te ne sei andata, mi hai lasciato qui da solo a convivere con me.

Ti sei portata via tutto dall’oggi al domani, senza darmi neanche il tempo di respirare. Tu avevi già deciso tutto, e chissà da quanto tempo. Come ho fatto a non accorgermene? Eppure sono qui, che guardo le nostre foto e mi chiedo come ho fatto a non essere abbastanza per te.

Lo so, sono un uomo con tutti i suoi difetti, lascio la tavoletta alzata quando faccio la pipì, non sparecchio mai, spremo il dentifricio nel modo sbagliato e sbriciolo dappertutto, ma io sarei stato qui per te, sempre, e nonostante tutto.

Chissà da quanto progettavi di andartene, ci ho pensato in questi sette mesi. Chissà quante volte i tuoi “ti amo” erano fittizi, usati solo per riempire un silenzio che ormai durava da troppo tempo. Dicono sempre che uno se ne accorge quando la tua donna non ti ama più, che la donna è il riflesso del proprio uomo, e che se la ami da impazzire lei ti amerà ancora di più.

Quindi dove ho sbagliato? Quando non ti ho dato abbastanza? Quando ho iniziato a sgretolare tutto?

Quando te ne sei andata in quella giornata di fine estate, mi sei comparsa in cucina con una valigia mentre io stavo leggendo la gazzetta, e ti sei limitata a dirmi che hai provato ad amarmi sempre di più ma che non ci sei riuscita….. e che tu avevi una vita sola, e che quando ti sei chiesta se volevi passarla con me ti sei risposta di no, che se mai potevamo provarci ma che fra due anni saremmo tornati allo stesso punto. Ci hai dato una scadenza, come se fossimo una ricotta nel frigorifero, “da consumarsi preferibilmente entro il”…

Cosa è successo? Come hai potuto “trattarci” così? Mi hai lasciato qui da solo a fare i conti con me, a macerarmi con i miei sensi di colpa, con i miei “ ma se”.

Con te, ti sei portata via anche una parte di me, una parte del mio futuro, ti hanno seguito anche quei bambini su cui fantasticavamo, quelli non ancora nati ma già con un nome, le future vacanze al mare, il cenone di natale. A chi insegnerò ora a giocare a pallone, chi sgriderò quando non farà i compiti ... ti sei portata via le mie uniche certezze.

Sette mesi sono pochi in una vita, ma sono tanti quando li passi tentando di rinascere, tentando di non rimanere a terra. In questi sette mesi ho pensato a un sacco di cose, ho pensato anche che potresti tornare, ho sperato di vederti aprire quella porta, la nostra porta, e salutarmi con un “ciao amore, sono tornata, tutto bene?” e mi sono chiesto che cosa farei, non ho saputo darmi una risposta. Come farei a convivere con l’idea che potresti andartene di nuovo, che per l’ennesima volta ti faresti prendere dalle tue insicurezze, e che al posto di sistemarle, faresti la mossa più semplice eliminando me.

 Io e Erika in Sardegna, io e Erika in Spagna….. mi sono detto che magari sei stata solo più furba di me, hai consumato tutto prima della data di scadenza.

Nel frattempo io resto qui a fare i conti con me, ad emergere dalle sabbie mobili in cui mi hai lasciato, senza parlarmi più di tanto, a tentare di non annegare nei tuoi ricordi, a tentare di capire che io esisto nonostante tutto. Continuo a ripetermi che devo avere sbagliato in qualcosa, e mi sa che ho capito in cosa.
L’errore più grande che ho fatto è stato quello di darti modo di conciarmi così.

Intanto resto qui, su questo divano a preoccuparmi perché non mi vedo tornare, a rassicurarmi, perché so che ce la farò e ad aspettare qualcuno che non mi metta una data di scadenza ma che pensi  che io sia da gustare, perché sono a lunga conservazione.

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