SPECCHI ROTTI



Sono le sei di mattina e io sono già sveglio, è la ventesima volta che mi sveglio stanotte, come ormai capita tutte le notti da un mese.
Tutte le volte che apro gli occhi, mi giro e lei è qui, come quell'incubo che speri finisca una volta sveglio, ma che come ti riaddormenti continua.
Lei è qui a tutte le ore, più voglio liberarmene e più me la trovo davanti.
Ho paura che una notte si accorga che son sveglio e che mi faccia domande per cui ho le risposte ma devo fingere di non averne.
Continuo a pensare che quando stai con una persona da poco tempo, ci sono quei tic, difetti, vizi, che vedi esclusivamente teneri, ma che con il passare del tempo diventano la cosa che più odi.
Una volta se mi fossi svegliato di notte, l'avrei guardata dormire e avrei visto in lei solo la dolcezza, mi sarei chiesto che cosa stesse sognando, se quel sorrisetto che faceva mentre dormiva era solo per me.
Ora mentre la guardo la odio e basta, mi fa schifo. È ingrassata, si concia in modi orrendi, mi vergogno ad andare in giro con lei, la gente si gira a guardarla e non perché sia la donna più bella del mondo, come pensavo anni fa, no, è solo imbarazzante.
Quindi la mattina mi alzo e vado a correre, è l'unico modo che ho per risparmiarmi le coccole appena svegli.
E pensare che è un vizio che le ho dato io, lei odia che la gente le parli o la tocchi appena sveglia, ma io adoravo svegliarmi la mattina, accarezzarla, sentire il suo profumo in un abbraccio, sentire le sue mani che mi sfioravano, e iniziare così a fare l'amore senza accorgercene, in silenzio.
Uniti così stretti da non voler emettere neanche un gemito, per la paura che quel castello di cristallo si rompesse in un secondo.
Ora no, ora la guardo, mi alzo mentre lei ancora dorme, e scappo.
Scappo dalle sue domande, scappo dal suo sguardo, scappo dai suoi baci, scappo da lei.
Lei che é entrata talmente tanto dentro di me da farmi odiare quello che sono diventato. È entrata talmente tanto da non farmi più capire chi sono, mi guardo ed è come riflettersi in uno specchio rotto.
Ci sono tanti riflessi di me tutti uguali nell'immagine ma completamente diversi all'interno, e io non capisco più chi sono, mi son creato la mia parte da bravo ragazzo, di quello che vuole una famiglia, un buon lavoro, una casa, dei figli.
Il problema è che tutto questo non lo voglio con lei.
Solo che ormai sono qui, incastrato in questo specchio, in questa vita che ormai mi va stretta. Incastrato dentro l'idea che si è fatta di me, dentro la parte che lei mi ha dato da recitare, incastrato nelle sue mille richieste, nel futuro che lei ha sognato per noi, incastrato dentro di lei.
Non so come uscirne, mi girerei volentieri di botto, e le vomiterei tutto addosso, tutto così di getto al punto da farla sparire, per farle capire che non esiste solo lei, che non è sempre lei quella che ama di più solo perché lo dice cento volte, che non è sempre lei quella che fa le cose giuste, vorrei gridarle in faccia che io esisto anche senza di lei, che non sono un suo prolungamento.
Fa sempre tutto lei, si è portata via tutto.
Ha un lavoro che la soddisfa più di quanto il mio soddisfi me, ha sempre saputo cosa volesse fare nella vita, ha sempre avuto degli obiettivi, e anche se tutto le remava contro lei arrivava dove voleva, non l'ha mai fermata niente, i miei amici non chiamano più me per cercarmi ma chiamano lei, e molte volte non le chiedono più neanche come sto.
Io non esisto più, sono solo un suo riflesso, dentro quello specchio rotto c'è comunque lei.
Ieri notte mi sono svegliato, erano le quattro, mi sono girato, l'ho vista e mi sono chiesto se non fossi io ad avere dei problemi con me stesso, lei magari non c'entra niente, una come lei non può farmi davvero male, una come lei in realtà è fragile, mi sono ripetuto che era questa la motivazione per cui l'amavo all'inizio, perché sembrava tanto dura, sempre incazzata con il mondo ma in realtà era fragile.
Allora mi sono girato, e ho iniziato a toccarla, ho iniziato a ricordarmi come era bello fare l'amore all'inizio, ho pensato che se mi impegnavo potevo ancora stare qui. Lei si è svegliata mentre facevamo l'amore, erano mesi che non la toccavo più, ma in quel momento mi sembrava di essere tornati indietro, mi sentivo ancora uomo, quando abbiamo finito l'ho abbracciata e l'ho fatta riaddormentare sul mio petto. Prima di chiudere gli occhi mi ha detto sussurrando "...e io che pensavo non mi amassi più...".
Non le ho risposto. Ho finto di dormire. E lei ha finto di crederci.
Ha capito che non ci sono più, se ne è accorta, ma questa volta posso decidere io, questa volta sono io il protagonista.
La decisione sta a me.
Ho provato a pensare se potevo recuperare qualcosa, ma ho capito che non ho voglia. E che la colpa è sua. È lei che è troppa e mi invade.
Faccio di tutto per non passare il tempo con lei, ma anche li non sono io che decido, ma è lei che mi dice di uscire senza di lei perché tanto lei è stanca.
Non ho neanche il potere di trattarla male.
Ma ho deciso. Dopo mi alzo, vado a correre, e quando torno le faccio la scenata che non ho mai fatto in tutti questi anni.
E se poi me ne pento, starò male, ma per la prima volta avrò deciso io per me, per la mia vita, quella senza di lei.
Appena sono tornato mi ha chiesto cosa mi tormentasse, si accorge sempre di tutto e ha sempre le risposte pronte, le ho detto che ne avremmo parlato quando uscivo dalla doccia.
Ma come sempre queste risposte non le bastano, come sempre le cose vanno fatte quando decide lei. Si è girata e mi ha detto "vuoi lasciarmi?" quelle parole mi hanno congelato, mi sentivo come il protagonista di un dramma a teatro  che davanti al pubblico dimentica la sua battuta più importante, e a quel punto il coprotagonista fa di tutto per mettergli la battuta in bocca. Era la mia battuta, ma non riuscivo a dirla. Toccava a me, lei incalzava e continuava a chiedermi "mi stai lasciando? Vuoi che davvero finisca tutto qui?". La mia parte, la mia battuta più importante, continuava a dirla lei, mi aveva portato via anche quello, dove era finito il monologo del protagonista? Si era ridotto a un misero si, nascosto sotto le sue grida? Ha iniziato lei il suo monologo ed è uscita sbattendo la porta.
Sono rimasto li immobile, in sala, sudato a guardarmi allo specchio.
Ho iniziato a ridere, con una risata isterica, un misto tra sfogo e liberazione, e ho tirato un pugno allo specchio. Quello specchio rotto rifletteva ancora lei, perché anche questa volta aveva fatto tutto lei, anche questa volta non sono riuscito ad essere il protagonista.
È così che sono uscito di scena.

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